Prima di quella sera lo avevo visto solo una volta, tanti anni fa. Ero piccolo e dovetti accompagnare mio padre, che invece non voleva, ma anche quella volta cedette alle insistenze di mia madre. Negli anni successivi nei sentii parlare solo con riferimenti indiretti, mai espliciti. Non si poteva fare, era una regola non scritta e senza apparenti ritorsioni per chi l’avesse violata, ma nessuno aveva mai osato farlo. Forse solo qualcuno, di cui poi negli anni si raccontarono strani aneddoti sempre diversi e sempre più macabri.

Quella volta, a distanza di tanti anni, non immaginavo di incontrarlo nuovamente, ma capii subito che era tornato. Lo intuii dal silenzio delle persone per strada, dalla scomparsa dei cani e dei gatti tra i vicoli, dal vento che aveva smesso di far ondeggiare i panni stesi sulle corde fuori i balconi e dai ragazzini che avevano smesso di giocare a pallone usando i garage come porta.

Davanti a lui, vestita come per una cena importante e seduta sulla parte più esterna di una piccola sedia, simile a quelle che si usano tra i banchi di scuola, una donna stava implorando qualcosa. Era accorata, ma dignitosa.

Sentire la voce di quell’uomo mi fece stare male, portandomi alla mente il viso di mio padre nel momento in cui si rese conto che stava per perdere la dignità.

– “Non ho che farmene dei tuoi soldi” disse lui senza trasmettere la minima emozione.

La donna stava per rispondere qualcosa, ma fu anticipata:

– “e non ho che fare neanche dei tuoi gioielli, del tuo oro e delle tue case“.

Lei s’alzò in piedi e quella volta urlando disse:

– “e cosa vuoi allora da me?” 

– “Voglio i ricordi che hai dei tuoi figli ancora piccoli, di quando li nutrivi al seno e gli insegnavi a parlare e loro ti abbracciavano per dormire.

– “Sei un mostro!” disse lei andando via trattenendo a stento il pianto.

Lo fece anche mio padre, solo che purtroppo tornò indietro dopo poco, così come fece anche la donna.

A mio padre chiese il sorriso e il pianto, che da quel giorno gli sparirono dal volto, fino al momento della morte, affrontato con espressione indifferente, pur se vissuto con tutte le emozioni più estreme che può provare un uomo consapevole della fine a cui sta andando incontro. A noi non mancarono mai il piatto a tavola e i regali alle feste, i vestiti nuovi e le occasioni di viaggio. Mancarono per sempre le risate e tutte quelle emozioni che le sole parole non riescono a trasmettere.

La donna andò via coprendo l’intero viso con un fazzoletto bianco, preso al volo dalla borsa poco prima di alzarsi. Tenne il volto calato sui basoli, ma senza guardarli e senza guardare intorno, anche se nessuno dei presenti si sarebbe mai permesso di guardare lei. Anche questa era un’usanza non scritta e in quel momento mi resi conto di non averla rispettata. La consapevolezza di aver mancato a una regola così importante, mi diede un brivido dalla nuca a scendere lungo la schiena, come accadeva da bambino quando rompevo qualcosa ed ero consapevole della imminente punizione. Poi però ripensai a mio padre e deglutii forte per mandar giù anche la paura e sentii lo sguardo concentrarsi sotto le sopracciglie inarcate, come accade a chi è pronto a combattere.

– “Muoviti a dirmi cosa vuoi, ho un ospite speciale che mi attende!” era la sua voce monocorde l’unica a risuonare nell’aria. Stava parlando con una ragazzo dall’aria disperata. Sentii farfugliare qualcosa alla quale rispose:

– “Un altro innamorato perso … se realmente lo vuoi mi devi dare il tuo talento, quello che ancora non conosci e che se darai a me non conoscerai mai.

Probabilmente lui disse sì senza pensarci due volte, perché andò via ringraziando e inchinandosi per rendere più intenso il senso di gratitudine.

– “ora veniamo a te” disse indicando nella mia direzione con un gesto del mento.

Ero pronto, lo avevo intuito dall’allusione di prima sull’ospite speciale. Una sorta di sesto senso mi aveva fatto capire il riferimento, ma non fino in fondo. Difatti non avevo inteso che mi voleva al suo tavolo non perché mi avesse visto osservare le scene precedenti, ma perché mi aveva riconosciuto.

Sentii calare su me una strana calma, anche se calmo non ero. Piuttosto ero carico e pronto a deflagrare, portando in superficie tutto mondo sommerso da quando ero ragazzino. Concentrato è il termine più appropriato allo stato d’animo provato in quel momento. In poco tempo tutta la rabbia si era trasformata in forza controllata e quindi più incisiva. Mi mossi con passo deciso e mi sedetti davanti a lui senza chiedere il permesso, poggiando le spalle sullo schienale della piccola sedia e accavallando le gambe, portando la caviglia destra sul ginocchio sinistro. Era un modo studiato per darmi il tono rilassato di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico

– “E quindi sei tornato, ma questa volta per te e non per tuo padre” disse lui facendomi sentire come trafitto nel petto dalla appuntita lama di un fioretto. Non era ancora iniziato lo scontro e già mi aveva spiazzato, mettendomi alle corde. Si ricordava di me e mio padre, non me l’aspettavo e non ebbi prontezza di risposta. Lui non ebbe alcun movimento nel viso, nessuna espressione. Riprese solo a parlare:

– “cos’hai da offrire per ottenere quel che ti serve?

La domanda mi punse l’orgoglio e accese la mia reazione:

– “Sei tu che hai bisogno di me, tu mi hai chiamato, io non necessito di nulla” non fui molto deciso nel tono, ma era un inizio di ripresa

– “Non giocare a fare il duro con me, non ti conviene, tutti avete bisogno di qualcosa e io conosco il tuo

Ero nuovamente alle corde,  nuovamente colpito da quelle parole pronunciate in modo secco e monocorde da renderle prive di emozioni e per questo ancora più incisive.

Pensai che non fosse possibile che m’avesse visto imbrattare le tele e addormentarmi sul tavolo della cucina, non poteva essere. Mi convinsi che la sua doveva per forza essere una di quelle parlate a effetto, che fanno gli psicomaghi: vaga e interpretabile in base alle situazioni e per questo sempre adatta a tutti. Mi ricordò uno dei tanti preti che da ragazzo sentivo predicare dopo la lettura del Vangelo: da anni tutti paventavano apocalissi di varia natura, la cui origine cambiava in base alle cronache ricorrenti. A sentir loro l’uomo si sarebbe dovuto estinguere già da diversi secoli e invece io ero lì a capire chi realmente avessi di fronte.

– “non sono un psicomago, piuttosto ricorda cosa fece realmente tuo padre

A quel punto andai realmente in confusione, ma provai a reagire

– “come ti permetti di parlare di mio padre dopo quello che gli hai fatto!

Indifferente al punto da far salire la voglia di aggredirlo fisicamente, attese che tornassi a sedermi per poi rispondere:

– “La donna che è andata via non ha figli di cui scordare i giorni del loro svezzamento. Li ha adottati quando erano già capaci di mangiare e camminare soli. Il ragazzo non deve conquistare nessuna donna. Vuole solo accettare che la fidanzata continui a tradirlo e lui riesca a far finta di nulla per vivere nell’illusione della felicità

– “Cosa stai provando a dirmi?” ero realmente confuso, non riuscivo a seguirlo e non sapevo se credergli o meno.

– “Io sono ciò che voi cercate per scaricare la responsabilità delle scelte. Alcuni all’occorrenza mi identificano anche con il ‘Maligno’. È molto più sopportabile pensare che sia stata un’entità esterna a farvi fare un scelta sbagliata.

– “E cosa c’entra la donna a cui hai tolto il ricordo?

– “Non sprecare la mia pazienza e il mio tempo con stupide domande, si dice in giro che tu sia una persona in gamba.

Mi sentii colpito nell’orgoglio e provai a organizzare rapidamente le idee:

– “È un ricordo che già non ha?

– “E poi?

– “Ha problemi con i figli adottati?

– “E quindi?

– “Ha cercato in te una ragione per accettarli?

– “Vedi che se ti impegni ci arrivi. Ora parlami di tuo padre …

Restai zitto a lungo, pensando a quel giorno e ai giorni successivi e al perché della mia presenza voluta da mia madre. Lui rimase impassibile come sempre, fissandomi senza insistenza. Poi accennai:

– “Doveva scegliere un lavoro, del quale non era sicuro?

– “Del quale non era ‘felice’ no ‘non sicuro’.

– “Per questa ragione venne da te, per scaricare la sua scelta!

– “Sua e di tua madre.

– “Quindi io fui portato per non fargli cambiare idea, perché ne valeva del nostro futuro economico! Perché seppur non gli piaceva ci avrebbe dato da vivere …

– “Quindi è vero che sei in gamba come si dice. Ora devo andare. Ho da fare altrove.

Io rimasi seduto a pensare, ero totalmente immerso nella ricostruzione dei ricordi da quel lontano giorno fino a quel momento e sentivo, anzi quasi vedevo, il mondo crollarmi intorno, come durante un devastante terremoto. Ma la necessità di sapere e capire mi diede forza per continuare la discussione:

– “Quindi mio padre perse le emozioni perché decise di vivere una vita dovuta, ma non voluta?

– “In gran parte ognuno di voi è frutto delle proprie scelte, tranne spiacevoli eccezioni.

– “Ho da poco ascoltato la stessa frase pronunciata da un tizio seduto poco distante da qui.

– “Conosco entrambi: sia l’uomo che la donna. Vivono la stessa indecisione, ma sono più dignitosi di molti altri.

– “Hanno anche loro raggiunto un accordo con te?

– “Spero che non lo facciano e decidano insieme il loro futuro.

– “Ma tu chi sei?

– “Non chiedere a me chi sono, piuttosto chiedi a te stesso chi sei e troverai la strada che hai smarrito.

Non ebbi il tempo di pensare a quale strada tra le tante da me perse si riferisse, perché quando alzai lo sguardo non lo vidi più, corsi all’angolo tra i vicoletti poco lontani, ma non c’era più. Dopo poco tornò il vociare per strada e si sentirono i rimbombi del palloni sulle saracinesche del garage.

Mi guardai intorno per capire chi avesse assistito alla scena, senza notare nessuno che mi stesse guardando, così mi allontanai con una vaga sensazione di spaesamento.

AM

Benevento, 25 ottobre 2020