In questo periodo di ricerche e sperimentazioni sui possibili ambiti di applicazione delle tecniche di proximity marketing e degli strumenti a supporto del servizio, sono stato anche chiamato a parlarne in ambienti di addetti ai lavori, così come è successo in occasione del dibattito organizzato da Connecting-Managers.

Ho tradotto e sintetizzato diversi mesi di studi e ricerche in un limitato numero di slide. In più il tutto doveva essere comprensibile anche ai chi non avesse cognizioni né di marketing e né di protocolli di trasmissione.

Ho deciso quindi di iniziare la mia presentazione con una definizione che racchiudesse in termini semplici e comprensibili il concetto di Marketing di prossimità.

Non ho trovato nulla di simile in giro, penso che questa mia definizione sia la prima sull’argomento :

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Tecnica che, mediante l’utilizzo di strumenti e metodi specifici, veicola informazioni e stabilisce contatti con individui e strutture poste nelle immediate vicinanze del mittente.

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Cosa cerco di esprimere in questa definizione??

Semplicemente che il marketing di prossimità NON è legato a doppio filo con il bluetooth, così come molti pensano erroneamente e così come è stato erroneamente scritto su Wikipedia.

É invece una tecnica esistente da diverso tempo, si potrebbe dire che sia innata nell’uomo, anche se solo ultimamente è stata circoscritta in un ambito teorico delimitato e gli si sta dando l’attenzione dovuta.

Il bluetooth entra in gioco come strumento di proximity marketing perché espande la “prossimità geografica” dell’attore e moltiplica il numero di contatti a buon fine che si riescono ad ottenere in un tempo dato.

Il connubio bluetooth e marketing di prossimità è dirompente sotto molti profili:

» Efficacia
» Innovatività dello strumento
» Costi molto bassi
» Multimedialità del messaggio
» Possibilità di Interazione fra mittente e destinatario

Ma lo strumento bluetooth di per sé, senza una adeguata conoscenza della tecnica, produce risultati molto inferiori alle potenzialità.

Per intenderci è come far guidare in una competizione automobilistica un qualsiasi titolare di patente B e non un pilota professionista. Di sicuro l’auto non darà le prestazioni per cui è stata progettata.

AM
Bn, 31 agosto 2006