scacchi in piazza

Bussava forte lo stomaco, quella sera bussava così forte da farsi sentire a distanza. In lui c’era tutta la disperazione proveniente da interi giorni trascorsi in bilico sul filo della sussistenza.

Avevo poco più di vent’anni e non stavo seguendo alcuna dieta. Per la prima volta stavo sperimentando il vuoto della miseria, il reale significato di scegliere cosa comprare per sopravvivere. Noi scegliemmo di mangiare il minimo e usare i pochi soldi per spostarci comprando i biglietti dei treni locali solo quando la tratta non consentiva di usare i bagni come nascondiglio dai controllori e non erano disponibili biciclette a noleggio. 

Da giovani ci vuole poco per sbagliare una valutazione e noi la fallimmo in pieno. Eravamo distanti migliaia di chilometri da casa con in tasca pochi spiccioli e il biglietto di un rientro lontano ancora parecchi giorni.

Anche quella sera eravamo alle prese con un’attività che non prevedesse mangiare in un locale. Io avevo deciso di impegnare lo stomaco con un intero litro di latte intero e qualche zolletta di zucchero recuperata di stramacchio in un bar.

Nella piazza della città c’era un’enorme scacchiera disegnata a terra. Gli elementi del gioco erano in legno e grandi quanto bambini.

Pensammo che fosse stato un ottimo diversivo fino al calare del Sole, che a quelle latitudini va via molto tardi.

Dopo poco intorno a noi si fermarono persone a guardarci, mentre giocavamo prendendo i pezzi con due mani per spostarli sui quadrati della scacchiera.

Con un veloce sguardo d’intesa, decidemmo di non parlare tra noi, creando un clima di suspance degno della scena di un duello da film.

Al tempo stesso, potevamo sentire i bisbigli del pubblico che via via si era formato: erano nostri conterranei, incuriositi dall’usanza di quella lontana cittadina vikinga, ingannati dal nostro silenzio.

La partita divenne interessante e seria, ma l’imprevisto era alle porte o, per meglio dire, aveva attraversato le porte di ingresso e uscita del mio stomaco e senza sosta stava correndo verso la fine dell’intestino.

Tutto il litro di latte bevuto come cena era pronto a uscire e lo stava comunicando a gran voce, con gorgoglii udibili anche tra il pubblico.

Lo dissi sottovoce al mio amico, che iniziò a ridere.

Abbandonai la partita per una giusta causa, ma vinsi ugualmente, perché arrivai in tempo al bagno del campeggio presso cui avevamo piantato la nostra malandata tenda a igloo.

AM
Benevento, 11 giugno 2024

P.S.: la foto è presa dal web