Cari figli miei, cara moglie mia, non tremate per me, non piangete.
Le battaglie non hanno piegato la mia anima, i miei pensieri sono lucidi, forti e sinceri, il cuore è sempre più bramoso di giustizia e libertà.
Con passione fui maestro di scuola e padre, ora ho cambiato la penna per la baionetta, l’inchiostro per la polvere da sparo, il letto morbido per un giaciglio, un pasto caldo per selvaggina, ma la mia anima non s’è dannata, la mia volontà è ancora intensa.
Non è il sangue del nemico che m’inebria i sensi, non è il grido di guerra a darmi forza, non è l’esercito Borbone a darmi ordini, ma guardare a domani e sapervi liberi fra uomini liberi.
Insegnare m’ha fatto comprendere il peso delle parole, il loro significato oltre il limite del senso comune. Ci chiamano Briganti per imprimere sulla nostra pelle il marchio di ladri e farabutti e come tali siamo giudicati anche da chi non ci conosce. Hanno ricoperto i nostri ideali con quelli dei criminali, hanno paragonato la nostra resistenza alla ferocia degli assassini, mischiando l’onore di un popolo con la feccia di chi è stato sempre bandito e ora si nasconde fra noi approfittando della confusione.
Ma voi non fatevi ingannare dalle loro parole, non lasciatevi sedurre dalla propaganda. Reagite ai prossimi eventi, siate uomini e non soldati.
A Casalduni tre giorni or sono gli animi sono impazziti. L’esasperazione dei soprusi subiti ha trasformato la prigionia dei soldati in carneficina. Ciò che abbiamo fatto agli invasori è stato orrendo. Nessuno di noi è fiero d’aver dovuto uccidere, ma è un conflitto che non abbiamo voluto, atroce oltre il limite della ragione come ogni altra guerra.
Al termine si avranno vincitori e vinti le cui gesta e verità saranno riportate nei libri di storia al di là del bene e del male, del torto e della ragione, ma più semplicemente con le parole di chi ha sconfitto il nemico.
Questa sera, prima del pasto, il comandante ha voluto ricordare i morti in battaglia e tutti insieme abbiamo pregato per loro. Terminata la cena ho portato il mio conforto ai più giovani. Li ho fatti parlare senza remore, senza pudore e senza la paura del giudizio. Non voglio che restino prigionieri dei demoni dell’orrore. Ho voluto conoscerli uno ad uno per farli sentire meno soli e sentirmi meno solo anch’io. Alcuni di loro sono fra noi senza capirne il senso, altri per vendetta, qualcuno perché è rimasto senza nessuno e noi siamo ciò che gli resta.
Da qualche minuto la notte è scesa sulla vegetazione intorno a noi e con essa l’umidità amica delle colline. Per nostra fortuna la Luna è calante e per nasconderci meglio non c’è il fuoco a riscaldarci, ma le coperte ricevute in dono dai contadini dei dintorni. Circondati da una miriade di lucciole che illuminano il sottobosco, abbiamo stabilito i turni per la guardia notturna poi ognuno ha trovato un posto dove riposare e le parole di sollievo e coraggio hanno lasciato il posto ai versi degli animali notturni, ai respiri nervosi di chi non riesce ad abbandonarsi al sonno e i mormorii di chi si affida alle preghiere per superare il rimorso di ciò che siamo stati costretti a fare.
Figli miei, domattina, quando vi sveglierete, andate a chiamare i vostri amici e portateli sulla strada dove inizia il paese. Guardate i boschi sui colli verso Fragneto. Lì sarò io e con me i fratelli, i cugini e i padri degli altri ragazzi come voi. Fatevi il segno della croce e pregate per noi, poi tornate dalle vostre madri, proteggetele e accuditele come fecero con voi quando eravate in fasce. Non fate sentire loro la nostra assenza e dite loro che presto torneremo vittoriosi, perché noi combattiamo per le nostre famiglie e la nostra terra, gli invasori combattono per ordine dei Savoia.

Vi voglio bene ancor più di prima.
Vostro padre e marito brigante

Pontelandolfo, 13 agosto 1861


All’alba del 14 agosto 1961 i Bersaglieri, dell’allora Regno di Sardegna (lo Stato dei Savoia), irruppero nelle abitazioni dei civili. La motivazione storicamente riportata fa riferimento a una rappresaglia nei confronti dei briganti che avevano ucciso in un’imboscata 45 Bersaglieri. Il grande dramma è che i briganti colpirono un esercito in guerra durante una guerra, i Bersaglieri uccisero inermi civili nelle loro abitazioni. Sono discordanti i numeri delle vittime civili di quel che è passato alla storia come l’eccidio di Pontelandolfo e Casalduni. Secondo alcune fonti furono poche decine, perché nei registri delle Chiese non ne risultano di più. Altre fonti, che fanno riferimento a testimonianze dell’epoca, riportano più di mille morti. Secondo alcuni le discordanze sono dovute all’opera di negazionismo condotta dalla Chiesa, che era un alleato piemontese ed era contro il brigantaggio, visto esclusivamente come un insieme di delinquenti e non come un movimento partigiano ante litteram (almeno per me lo sono stati, senza voler nascondere cmq la presenza al loro interno anche di veri e propri delinquenti). Per tale ragione i parroci avrebbe limitato la trascrittura dei morti nei registri dei decessi, all’epoca gestiti dal clero. Un’altra teoria riporta che tali registri furono successivamente distrutti sempre dai Bersaglieri per occultare le prove oppure andarono distrutti nel rogo in cui arse il paese, appiccato dai Bersaglieri stessi come ulteriore forma di rappresaglia versoi i briganti. Ultimamente è spuntata una lettera autografa di una testimone dell’epoca, nella quale si conferma il numero molto limitato dei morti: addirittura meno di venti. Probabilmente non si saprà mai il numero reale delle vittime. Di sicuro lo Stato Italiano ha conferito onori a Pontelandolfo nel 2011, con l’allora presidente del Consiglio Giuliano Amato. Qualunque sia tale numero, ciò che lascia l’amaro in bocca fu la reazione militare di uno Stato contro la popolazione civile.

Questo racconto è parte del libro “Sparse carte” e l’ho scritto il 7 novembre del 2014

AM
Benevento 14 agosto 2021 (160 anni esatti dopo l’evento ispiratore del racconto)